- De iure condito
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La dichiarazione confessoria del danneggiante da sola non costituisce prova
Gli ermellini di Piazza Cavour sono tornati ad esprimersi sulla validità della dichiarazione confessoria di uno dei soggetti coinvolti in un incidente stradale. Il caso riguarda un automobilista che a causa dell’invasione della propria corsia di marcia da parte di un altro veicolo collideva, per evitare lo scontro, con un muro.
La Corte di Appello di Milano, che riformava la sentenza dei giudici di prime cure, condannava l’invasore a rifondere i danni alla controparte ma non la sua compagnia di assicurazione nei confronti della quale non ha valore (quale prova) la sua confessione ed ammissione di responsabilità. Pertanto l’automobilista finito contro il muro veniva condannato a rifondere alla compagnia le spese di primo grado e quelle di resistenza in appello.
Ricorreva pertanto in Cassazione, che con la sentenza nr 4536 dell’8 marzo 2016, così concludeva:
“questa Corte ha affermato che la dichiarazione confessoria, contenuta nel modulo di constatazione amichevole dei sinistro ma ciò può estendersi in generale alla confessione del danneggiante, resa dal responsabile del danno proprietario dei veicolo assicurato e litisconsorte necessario, non ha valore di piena prova nemmeno nei confronti del solo confitente, ma deve essere liberamente apprezzata dal giudice, dovendo trovare applicazione la norma di cui all’art. 2733, terzo comma, cod. civ., secondo la quale, in caso di litisconsorzio necessario, la confessione resa da alcuni soltanto dei litísconsorti è, per l’appunto, liberamente apprezzata dal giudice. Cass, Sentenza n. 12257 del 25/05/2007 ;N. 13019 dei 2006 , N. 9520 dei 2007 , N. 10304 del 2007.”